LA LIBERAZIONE DELLA DONNA: LA LOTTA DI CLASSE E LA QUESTIONE FEMMINILE – PARTE 2
Discorso di Sankara in occasione della giornata internazionale della donna a Ouagadougou l’8 marzo 1987
Dobbiamo certamente riconscere che il materialismo dialettico ha illuminato con forza i problemi legati alla condizione femminile, e questo ci permette di individuare il problema dello sfruttamento della donna all’interno di un sistema generalizzato di sfruttamento, e di definire la società umana non come un fatto naturale immutabile ma come una "antinatura".
L’umanità non subisce passivamente la potenza della natura. La prende su di sé e non si tratta di un’operazione interiore e soggettiva. Avviene oggettivamente nella pratica, se la donna cessa di essere considerata come un semplice organismo sessuato, per prendere coscienza al di là dei dati biologici, del suo valore nell’azione.
Inoltre, la coscienza di sé che la donna acquisisce non è definita solo dal suo genere. Riflette una situazione che dipende dalla struttura economica della società, struttura che traduce il degrado dell’evoluzione tecnica e dei rapporti fra le classi a cui è giunta l’umanità.
L’importanza del materialismo dialettico è di aver oltrepassato i limiti essenziali della biologia, di essere sfuggito alle tesi semplicistiche dell’asservimento alla specie, per introdurre tutti i fatti nel contesto economico e sociale. Per quanto indietro si risalga nella storia umana, il rapporto dell’uomo con la natura non è mai stato diretto, a corpo nudo. La mano con il pollice prensile è fatta per prolungarsi nello strumento che ne moltiplica il potere. Non sono dunque solo i dati fisici, la muscolatura, la gestazione per esempio, a consacrare la disuguaglianza di status fra l’uomo e la donna. Né questa è stata confermata dall’evoluzione tecnica. In certi casi, e in certe parti del globo, la donna ha potuto annullare la differenza fisica che la separa dall’uomo.
È il passaggio da una forma di società a un’altra che giustifica l’istituzionalizzazione di questa disuguaglianza. Una disuguaglianza celata per realizzare concretamente dominio e sfruttamento, ormai rappresentati e vissuti nelle funzioni e nei ruoli in cui abbiamo relegato la donna.
La maternità, l’obbligo sociale di essere conforme ai canoni di eleganza desiderati dagli uomini, impediscono alla donna che lo desiderasse di forgiarsi di una muscolatura cosiddetta "maschile".
Per millenni, dal paleolitico all’età del bronzo, secondo autorevoli paleontologi, i rapporti fra i sessi furono di complementarietà positiva. Per ottomila anni ci furono collaborazione e interdipendenza, anziché l’esclusione propria del patriarcato assoluto pressappoco generalizzato della storia successiva.
Engels ha descritto l’evoluzione delle tecniche ma anche dell’asservimento storico della donna che nacque con l’apparire della proprietà privata, grazie al passaggio da un modo di produzione ad un altro, da un’organizzazione sociale all’altra.
Con il lavoro intensivo necessario per abbattere le foreste, far produrre i campi, trarre il massimo frutto dalla natura, interviene la parcellizzazione dei compiti. L’egoismo, la pigrizia,. la facilità, insomma il maggior profitto con il minimo sforzo emergono dalle profondità dell’uomo e si ergono a principi. La tenerezza protettiva della donna riguardo alla famiglia e al clan diventano la trappola che la consegna al dominio del maschio. L’innocenza e la generosità sono vittime della dissimulazione e di calcoli meschini. Dell’amore ci si fa beffe. La dignità è fatta a pezzi. Tutti i veri sentimenti sono mercificati. A partire da allora, il senso dell’ospitalità e della condivisione tipico delle donne soccombe davanti all’astuzia dei furbi.
La donna, pur cosciente dell’inganno che regge la ripartizione ineguale dei compiti, segue l’uomo per curare e allevare tutto ciò che essa ama. Lui, l’uomo, sfrutta al massimo un tale dono di sé. In seguito, il germe dello sfruttamento colpevole codifica regole atroci, che vanno ben al di là delle concessioni coscienti fatte dalla donna, in un tradimento storico.