LA LIBERAZIONE DELLA DONNA: LA LOTTA DI CLASSE E LA QUESTIONE FEMMINILE – PARTE 3
Discorso di Sankara in occasione della giornata internazionale della donna a Ouagadougou l’8 marzo 1987
L’umanità conosce la schiavitù con la proprietà privata. L’uomo padrone dei suoi schiavi e della terra diventa anche proprietario della donna. È la grande sconfitta storica del sesso femminile. Si spiega con lo sconvolgimento accaduto nella divisione del lavoro, a causa dei nuovi metodi di produzione e di una rivoluzione nei mezzi di produzione.
Allora il diritto paterno si sostituisce al diritto materno; la trasmissione del potere si fa di padre in figlio e non più dalla donna al suo clan. È la comparsa della famiglia patriarcale fondata sulla proprietà personale e unica del padre, diventato capofamiglia. In questa famiglia, la donna è oppressa. Regnando come sovrano, l’uomo soddisfa i propri capricci sessuali, si accoppia con schiave o prostitute. Le donne divengono il suo bottino e la sua conquista commerciale. L’uomo trae profitto dalla loro forza lavoro e gode della diversità dei piaceri che esse gli procurano.
Dal canto suo, quando è possibile rendere la pariglia, la donna si vendica con l’infedeltà. Cosi il matrimonio si completa naturalmente con l’adulterio. È la sola difesa della donna contro la schiavitù domestica in cui è tenuta. L’oppressione sociale è l’espressione dell’oppressione economica.
In un tale ciclo di violenza, all’ineguaglianza porrà fine solo l’avvento di una società nuova, cioè quando uomini e donne godranno di diritti sociali speciali sorti dagli sconvolgimenti che si verificheranno nei mezzi di produzione e in tutti i rapporti sociali. Così, la sorte delle donne non migliorerà che con la liquidazione del sistema che le sfrutta.
Di fatto, attraverso i secoli e ovunque trionfasse il patriarcato, c’e stato un parallelismo stretto fra lo sfruttamento delle classi e il dominio sulle donne. Cert ocon periodi di schiarite dove delle donne, sacerdotesse o guerriere, hanno scalfito il muro dell’oppressione. Ma l’essenziale, tanto al livello della pratica quotidiana che dell’oppressione intellettuale e morale, è sopravvissuto e si è consolidato. Detronizzata dalla proprietà privata, da questa espulsa, relegata al rango di nutrice e serva, resa inessenziale dai filosofi - Aristotele, Pitagora ed altri - dalle religioni più consolidate, sminuita dai miti, la donna divideva la sorte dello schiavo che nella società schiavistica era giusto un animale da soma dal volto umano.
Non deve dunque stupire che, nella sua fase di conquista, il capitalismo, per cui gli esseri umani nulla erano altro che cifre, sia stato il sistema economico che ha sfruttato la donna nel modo più cinico e sofisticato. Citiamo il caso di un fabbricante di quell’epoca che sui suoi telai meccanici dava lavoro solo alle donne. Preferiva donne sposate, e fra queste, quelle che avevano a casa figli di cui occuparsi, perché mostravano più attenzione e docilità delle nubili. Esse lavoravano fino allo sfinimento per procurare ai propri figli i mezzi di sussistenza indispensabili.
Ecco come le qualità tipiche della donna sono falsate a suo svantaggio, e tutte le caratteristiche morali e delicate della sua natura diventano altrettanti modi per asservirla. La sua tenerezza, l’amore per la famiglia, la meticolosità che le donne pongono nella propria opera sono utilizzate contro di loro.
Così, attraverso gli anni e attraverso i tipi di società, la donna ha conosciuto una triste sorte: quella della disuguaglianza sempre confermata in rapporto all’uomo. Le manifestazioni di questa disuguaglianza hanno preso toni e contorni diversi, ma questa è comunque rimasta la stessa.
Nella società schiavistica l’uomo schiavo era considerato come un animale, un mezzo di produzione di beni e servizi. La donna, qualunque fosse il suo rango, era schiacciata all’interno della propria classe e anche all’esterno di questa, se apparteneva alla classe degli sfruttati.
Nella società feudale, che si fondava sulla pretesa debolezza fisica o psicologica delle donne, gli uomini le hanno confermate in una dipendenza assoluta dal maschio. Sovente considerata come oggetto sporco o fattore di distrazione, la donna era tenuta lontana dai luoghi di culto, salvo rare eccezioni.
Nella società capitalista la donna, già moralmente e socialmente perseguitata, è anche dominata sul piano economico. Mantenuta dall’uomo quando non lavora, lo è ugualmente anche quando si ammazza di lavoro. È impossibile gettare una luce abbastanza forte sulla miseria delle donne, mostrare con forza sufficiente che questa miseria va di pari passo con quella dei proletari.