OBESITA' : COSTA MA SI RESTA A GUARDARE
Danni per la salute e per la società, ma l’Italia non attua decise politiche di prevenzione, anzi le ostacola.
I dati non lasciano spazio all'indifferenza, o almeno non dovrebbero: quasi la metà degli adulti italiani è obeso o sovrappeso e i nostri bambini italiani sono - nonostante un recente miglioramento della situazione - ancora tra i più grassi d'Europa, secondi solo ai greci. Eppure, secondo i dati Ocse (l'Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico), basterebbe che il Paese investisse circa 20 euro a persona nella prevenzione, per evitare 75mila morti all'anno per i problemi connessi ai chili in più.
Ma per l'Italia, patria di Expo 2015, che fa della buona alimentazione la sua bandiera, questo non sembra essere un problema. Tant'è vero che - nonostante i buoni propositi (come quelli del programma governativo "Guadagnare Salute", risalente al 2007) - nel concreto si è andati avanti di ben poco per contrastare quella che l'Organizzazione Mondiale della Sanità (Oms) ha definito una "silente epidemia globale".
Mentre molti paesi si sono attivati con misure anti-obesità e con leggi per ridurre il contenuto di grassi e zuccheri negli alimenti, l'Italia non solo resta sostanzialmente inerte, ma addirittura si oppone alle ultime linee guida dell'Oms.
Il nostro è stato l'unico Paese a chiedere una revisione rispetto alle sue nuove raccomandazioni, che limitano l'assunzione di zuccheri aggiunti, soprattutto in bevande e dolciumi, al 10% del fabbisogno calorico giornaliero, con l'esortazione a ridurre ulteriormente questa soglia a meno del 5%.
Troppo poco per la nostra industria delle merendine? E l'Italia dice sempre "no"La domanda viene spontanea, soprattutto quando emerge che la delegazione italiana accreditata all'Oms ha tra i suoi componenti Luca Del Balzo, che risulterebbe essere stato "senior advisor della Ferrero", colosso delle merendine.
Il Ministero della Salute ha risposto in modo piuttosto vago all'interrogazione parlamentare che è nata da questa rivelazione (pubblicata sul sito SaluteInternazionale in un articolo di Nicoletta Dentico, dell'Osservatorio Italiano sulla Salute Globale): senza negare la vicinanza del delegato all'azienda dolciaria, il sottosegretario alla Salute Vito De Filippo ha solo specificato che si tratta di un "ambasciatore a riposo", esperto in negoziati internazionali.
E sul merito del "no" italiano a un abbassamento dei livelli di zucchero, ha sostenuto che: "Rappresenta un obiettivo del cui beneficio non vi sono evidenze scientifiche, oltre ad interferire nella tradizione alimentare del nostro Paese". D'altronde lo stesso ministro della Salute Beatrice Lorenzin aveva già detto la sua in merito, sostenendo che azioni del genere "penalizzano i marchi italiani" e che così "non si risolve nulla, ci vogliono iniziative di altro tenore".
Bene, e quali sarebbero le iniziative di "altro tenore" dell'Italia in materia? Nessuna realmente efficace. Ma quello sullo zucchero è solo il "no" tricolore più recente a iniziative per aiutare i cittadini a mangiare meglio: la stessa opposizione era arrivata ai colori del semaforo in etichetta per indicare se il livello di grassi, sale e zucchero è basso (verde), medio (giallo) o alto (rosso): "Spaventare i consumatori è sbagliato", si viola "la normativa europea sul libero commercio", aveva affermato Lorenzin. Insomma, tanta solerzia nel proteggere gli interessi dei marchi, ben poca decisione nell'attuare politiche di prevenzione.
Noi, la patria dell'alimentazione sana, con la nostra dieta mediterranea: servono interventi seri, affinché questa non diventi solo una bandiera sbiadita, lasciando spazio a un popolo di adulti e bambini in sovrappeso, che si nutrono male.
La prevenzione eviterebbe tanti costi per la salute: colesterolo alto, diabete, alcuni tipi di cancro, per citarne solo alcuni. E tanti costi per i cittadini: dalla spesa medica che deve sostenere chi soffre di queste malattie, fino al peso che i chili di troppo hanno sulla sanità e sulla produttività lavorativa o scolastica.