PRATICHIAMO IL FUTURO - PARTE 10
Un'idea di resilienza e sostenibilità
Siamo abituati a pensare che altra via rispetto all’accumulo di denaro non esista, non ci sia un altro percorso in grado di permetterci di vivere serenamente soddisfacendo tutti i nostri bisogni reali e rinnegando quelli superflui. Questo limite nel nostro pensiero ci impedisce, come un paraocchi per un cavallo, di scardinare il sistema economico-finanziario delle grandi multinazionali che poi è quello che ci governa. In esso la regola è che tutto ruota attorno al denaro, al suo possesso, alla possibilità di ottenere beni e servizi esclusivamente mediante il suo scambio. E’ interessante guardare con attenzione in questo senso un video ben fatto intitolato “La storia delle cose”.
La socialità cooperativa è un concetto ormai nullo nelle nostre menti. Il baratto è un concetto dimenticato, l’autoproduzione non è nemmeno contemplata perché nel corso del tempo ci siamo privati di tutto il sapere tradizionale che permetteva ai nostri nonni e bisnonni di fare le cose da se. C’erano meno risorse e beni in termini assoluti, c’erano meno comfort, c’era ciò che serviva a vivere in socialità, e c’era la capacità di provvedere a se stessi senza dover avere bisogno della moneta sonante nel portafoglio in ogni istante. Oggi nessuno auspicherebbe di ritornare a quelle condizioni, anche se sempre più spesso risuonano dalle bocche degli anziani le parole: “si stava meglio quando si stava peggio!”. Nel contesto attuale, conquistati gli agi e i diritti di cui erano privi i nostri avi, perché non potremmo rinunciare al superfluo? Ricalibrare la nostra vita in linea con le possibilità del pianeta come ben descritto dal modello dell’Impronta Ecologica concepita da Mathis Wackernagel e William E. Rees? Avviarci a piccoli passi verso un percorso che ci riappropri delle nostre capacità del fare, delle nostre capacità di vivere il territorio che abitiamo al pieno delle possibilità; valorizzandolo e facendosi valorizzare dai circoli virtuosi della cooperazione e della riappropriazione di gruppo dei mezzi e delle conoscenze per la produzione e per l’acculturazione libera.
Esistono realtà in cui ciò che ho appena riassunto sta accadendo, le persone in questi contesti stanno ricominciando a fare le persone, magari si sono riunite in piccole comunità, in libere scuole, tutti provvedono ai bisogni grazie alle loro abilità, conoscenze, mezzi, il resto viene scambiato, barattato con l’esterno. Questa non è arretratezza dal mio punto di vista, ma è la presa di coscienza del genere umano del futuro, il quale decide di non obbedire più pedissequamente al Dio denaro, alla Dea pubblicità, (fondamentale mezzo, assieme alla moda, per poter sviluppare l’obsolescenza percepita dei beni), e alla reiterazione della produzione per il consumo senza scopo vero e utile. I beni, dovendo essere consumati sempre più e sempre più in fretta obbligano a lavorare sotto salario per procurarsi il denaro per comprarli, a correre ogni giorno di più per dare qualcosa in aggiunta a noi e ai nostri figli, facendoci scordare che magari quel qualcosa in più di cui i piccoli hanno bisogno siamo noi, la nostra presenza, il nostro ascolto e la nostra autorevolezza genitoriale, ovvero in fin dei conti il timone della loro vita, che se non costruito non potrà mai essere lasciato nelle loro mani.
Ricreiamo dunque un mondo a misura d’uomo dove non ci sia bisogno di una grande competitività. Non dobbiamo competere così tanto fra noi, la competitività non è un valore per la specie umana, siamo una specie sociale.
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michela vio
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