REPORT ABITI PULITI - PARTE TERZA
Le condizioni di lavoro...parlano i lavoratori e gli imprenditori
La manodopera nella Riviera del Brenta proviene dalle classi meno abbienti e con scarsi livelli di istruzione. Tra gli assunti nel periodo 2008-2013 un decimo era senza titolo di studio, la metà disponeva della licenza media, un quinto aveva conseguito un diploma di scuola superiore e solo il 5% la laurea. Si tratta di un quadro in parte simile a quello della provincia di Napoli dove è ancora più rilevante la presenza di lavoratori di ceto popolare e con bassi livelli di istruzione.
Ho 48 anni, ho finito la terza media. I miei genitori facevano il muratore e la mistra [lavorante a domicilio] a casa... Ho iniziato a lavorare dopo la terza media, prima a imparare a fare la mistra, un anno e mezzo e poi in fabbrica. Ho fatto un anno in un tomaificio, cinque anni in un altro tomaificio, dopo per un periodo ho fatto le pulizie. E dopo sono entrata alla Rossi Moda.
Le donne e gli immigrati svolgono le mansioni più ripetitive e semplici, mentre gli uomini sono collocati nei servizi, nella progettazione, nel taglio delle pelli e nel montaggio della calzatura. La figura professionale più qualificata e ben remunerata è il modellista la cui funzione è quella di realizzare un prototipo a partire dai disegni dello stilista.
Attualmente circa il 20% della forza lavoro è immigrata, di cui la metà è di origine cinese ed è occupata pressoché esclusivamente nelle imprese di connazionali. Gli immigrati provengono prevalentemente dalla Romania, dal Bangladesh, dal Marocco e dall'Albania
Non ho cambiato livello in quindici anni di lavoro, per avanzare di livello è necessario dare molto, ad esempio le prestazioni straordinarie possono farti avvicinare le simpatie del capo, io ho sempre chiesto l'aumento, ma non me l'ha mai dato nessuno.(imprenditore 2013)
Sono le firme che uccidono noi, non i cinesi (lavoratrice 2013)
Facciamo gli straordinari specialmente i sabati; ma più che altro è una nostra richiesta, veramente. Tutto il resto è regolare, ci dà anche i soldi dei contributi, che non versa, naturalmente. Però è sempre una fregatura per noi Io cucivo le tomaie a mano, con ago e filo, è duro come lavoro. Infatti ora mi fanno male tutte le braccia. Facevamo [lei e il figlio] 20-30 paia. Mi pagavano al paio al nero. Ti svegliavi alle 6 del mattino, eri a casa quindi potevi guardare anche la televisione mentre lavoravi e fino alla sera tiravi tutto il giorno il filo [mima il gesto del cucire] perché devi fare questo movimento così. Ecco, questo per tutto il giorno, per prendere poi alla fine del mese 500, 600 euro. Poi ho avuto questi dolori e ho smesso. Non è stato difficile trovare questo lavoro perché lo faceva già mia sorella. Ora però lei fa tutto un altro lavoro. Fa i cappelli. Sempre in casa, è una fabbrica piccola, e si tratta sempre di cucire a macchina ma ora è assicurata, cuce a macchina con un contratto part time. (lavorante a domicilio, 2013)
Ho incontrato alcuni casi di lavoro minorile. Il primo è stato a Napoli 9 anni fa, il secondo 4-5 anni fa sempre a Napoli. La prima volta forse era un audit non annunciato, comunque l'azienda non mi aspettava, e c'era questa ragazzina che lavorava su una macchina da cucire. Era la figlia di una delle dipendenti, che però non era registrata da nessuna parte. Aveva 13 o 14 anni. Invece il secondo caso era sempre una ragazzina che però in realtà compariva su alcuni documenti: sui documenti della salute e sicurezza c'era, aveva fatto anche un corso all'interno dell'azienda. Mi pareva di capire che più che altro l'azienda non fosse al corrente della gravità del fatto
In generale posso affermare, almeno in quest'area, che le imprese che rispettano la normativa su salari, condizioni di lavoro, sicurezza, ecc. sono una minoranza. Quelle più ricorrenti riguardano le buste paghe false, l'assenza di rapporti di lavoro regolari. Ma devo dire che nel corso degli anni le tecniche si sono raffinate. Le aziende pagano anche con assegno o bonifico, ma un minuto dopo il dipendente torna dal datore di lavoro per restituirgli parte del compenso che non avrebbe dovuto percepire. Quindi paga sindacale, ma larga diffusione del sottosalario. Il lavoro grigio è forse la forma più diffusa di remunerazione in questo comparto. (avvocato del lavoro, 2013)
I cinesi producono con prezzi finali che agli imprenditori locali non basterebbero neppure per coprire i costi. Molti tra i titolari di piccoli laboratori hanno chiuso e, se avevano una specializzazione, lavorano adesso come dipendenti per le aziende più solide. Con me lavora un amico che era titolare di una piccola azienda che produceva giubbini in pelle, ma che le produzioni dei cinesi hanno completamente messo fuori mercato. Oggi a Grumo [provincia di Napoli] sono molto presenti i pakistani che lavorano capi di abbigliamento da donna. (operaio tagliatore zona Napoli, 2013)
Quando il cliente mi chiede di andare da un terzista cinese è per un audit completo. Quindi faccio il giro della zona produzione, controllo la documentazione, cerco di parlare con i dipendenti. Ma è molto difficile perché non parlano italiano e se anche mi avvalgo di un interprete, non si fidano. All'apparenza, se tu entri e ci stai quei dieci minuti, non vedi niente di particolare a parte enormi quantità di tessuto ovunque perché hanno grandi ordini, ovviamente. E magari sono capannoni maltenuti, però questa può essere tranquillamente una particolarità di un terzista italiano. Il problema nasce quando inizi a chiedere della documentazione, quando chiedi la visura camerale, il certificato di agibilità, quando chiedi i dati della persona che gli affitta il capannone, o la registrazione del personale all'ufficio del lavoro. Magari hanno uno o due dipendenti registrati all'ufficio del lavoro, che in realtà non sono neanche quelli che lavorano lì in quel momento. I problemi principali dei terzisti cinesi sono il lavoro nero e una non gestione della salute e della sicurezza. Magari hanno un estintore però è scarico, hanno dormitori come quelli della fabbrica bruciata a Prato il mese scorso. Io ho visto diversi dormitori e ti assicuro che sono una cosa inguardabile perché in una stanza grande come questa dormono 15 persone, c'è uno spazio per la cucina, c'è una bombola del gas. Luoghi senza finestre, magari la scala che ti riporta giù alla produzione è tutta occupata da cartoni pieni di tessuti. Leggo sempre dei controlli che la Guardia di finanza fa presso i terzisti cinesi. Li chiudono, ma poi riaprono. Come fanno? Fanno aprire alla moglie, il nome è diverso, l'azienda ha un nome diverso. Però da una parte questa economia porta soldi in Italia, quindi magari un occhio si chiude anche per questo, perché altrimenti i brand non sarebbero in Italia. Le grandi aziende, le grandi griffe iniziano a giocare sul prezzo del prodotto. Come dire, io devo fare 100 tacchi? Un tacco tu me lo fai pagare 40? Io ti chiedo se me lo puoi far pagare 20. Perché? Perché ho chi me lo fa a 20, e forse anche a meno, e sono i laboratori cinesi. E' chiaro che a quel punto all'interno della Riviera del Brenta, e all'interno poi di tutta la filiera, iniziano le guerra tra chi pretende la legalità e tra chi cerca di gestire la situazione a modo proprio. C'è chi ha il coraggio di denunciare, tanto è vero che si è creata da nove mesi a questa parte l'Associazione tacchifici, perché sono i più penalizzati dai cinesi. (funzionario sindacale Cgil, Venezia, 2013)
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